Bruno Osimo, precario dell’amore

Bruno Osimo, Bar Atlantic, Marcos y Marcos 2012, 316 p., euro 16

Adàm Goldstein è un tipo meticoloso: tutte le mattine si alza alla stessa ora, fa trenta minuti di corsa qualunque sia il tempo e la stagione, torna a casa per fare la doccia e svegliare la moglie Ada, prende il treno per andare al lavoro, al pomeriggio passa all’Esselunga a fare la spesa e infine rientra per preparare una sana e ottima cena. Adàm Goldstein, israeliano emigrato a Milano e protagonista di Bar Atlantic, è un tipo meticoloso.

Bruno Osimo è uno scrittore meticoloso: se deve dirci che Adàm nella borsa di lavoro si porta il necessario per passare una giornata fuori, sia a livello di igiene personale che di cancelleria, non scrive semplicemente così, ma ci informa che “c’è un tubetto da dentifricio elmex da viaggio, di cui per precauzione ha forato il sigillo solo in parte, per ridurre al minimo le probabilità di cedimenti ed esplosioni; c’è un flaconcino di chilly per l’igiene intima, uno spazzolino piccolo col cappuccetto di plastica, la scatolina giapponese di plastica opaca con i farmaci (tylenol, alprazolam, carbone vegetale)” e avanti così per una pagina, per finire con “gomma, temperino, matita, auricolare dell’ipod, auricolare del telefonino, cavo per ricaricare il telefonino, post-it, matita con le combinazioni per accedere al home banking e segnalibri adesivi”. Bruno Osimo, classe 1958, docente e teorico della traduzione, al secondo romanzo con questo Bar Atlantic, è uno scrittore meticoloso.

Marcos y Marcos è un editore meticoloso: basta pensare alla erre moscia, anzi “uvulare” come precisa Osimo, di Adàm. Ogni volta che Adàm parla, nelle sue parole virgolettate la erre viene messa in un corsivo lievissimo, quasi impercettibile. Una bella fatica, per chi ha impaginato il libro. Come anche le note a pie’ di pagina, cosa insolita per un romanzo, che punteggiano quasi ogni azione con la loro aria pedante e il loro contenuto surreale.

Perché l’autore riversa nel libro molte delle sue passioni e ossessioni: il delirante e asfittico mondo dell’università italiana, la cucina, le canzoni, la poesia d’occasione, l’interpretazione fiabesca e colloquiale dell’Antico Testamento. Osimo, ebreo ma non al 100% come ha raccontato in Dizionario affettivo della lingua ebraica, è capace di spaccare il capello in quattro come un rabbino nell’interpretazione del Talmud e di farti ribaltare dalle risate come Moni Ovadia.

Mentre il povero protagonista di Bar Atlantic continua a girare come una trottola: perché la sua routine, descritta all’inizio, è in realtà una routine molto particolare. Adàm infatti è un precario dell’università, o meglio delle università, perché per arrivare a un introito decente mette insieme cinque contratti di poche ore in cinque città diverse: Alessandria Bergamo Pavia Treviso Verona, una per ogni giorno della settimana. Non solo: in ogni città ha appuntamento con una donna diversa (clamoroso! e te lo fai uscire solo ora?) Paola Monica Teresa Fernanda Sasha, per fare l’amore ogni volta in un posto e in un modo diverso. Una routine settimanale, proprio come i sette giorni della creazione, e infatti con la Genesi c’è un continuo parallelo. Un precariato lavorativo e sentimentale che non turba Adàm: anzi a farlo finire dallo psicologo è il fatto che non si sente minimamente in colpa, perché lui ama la moglie, la coccola, le prepara i manicaretti e ci va anche regolarmente a letto, quindi qual è il problema? La sua vita va avanti in questa routine, e anche il libro. Ma proprio quando la stanchezza inizia a prevalere sulla divertita assurdità, succede qualcosa che spezza il cerchio delle ripetizioni. Forse uscire dal precariato è possibile, in tutti i sensi.

(Versione senza tagli dell’articolo uscito oggi sul Mattino di Napoli)



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