Lo zen e l’arte della manutenzione della casetta

manuale-di-pulizie-di-un-monaco-buddhista-9788867310760Che fanno i monaci buddisti, chiusi dentro ai loro templi nel lontano oriente? Uno se li immagina sempre in meditazione, immersi nel loro mondo spirituale, perduti nell’incorporeo, alla ricerca dell’illuminazione al di là delle meschine cose materiali. Invece no: puliscono dalla mattina alla sera, ecco che fanno. Spolverano, rassettano, strofinano, tirano a lucido: ogni benedetta cosa, per tutto il santo giorno. Almeno, questo è quello che scrive Keisuke Matsumoto in Manuale di pulizie di un monaco buddhista (Vallardi, pag. 164, euro 12.50). L’autore è laureato in filosofia, ha un Master in Business Administration, ed è bonzo del tempio Kōmyōji a Tokyo, tempio di cui cura il blog: quindi già di suo è un personaggio abbastanza trasversale e occidentalizzato. Ma a noi si presenta come alfiere della tipica visione orientale, tesa a conciliare gli opposti: Spazziamo via la polvere e le nubi dell’anima, dice il sottotitolo. E d’altra parte, fa subito l’esempio, si dice che uno dei discepoli del Buddha abbia raggiunto il nirvana proprio mentre stava spazzando. Vai di ramazza, allora.

Infatti non solo ci descrive la vita tipica di un monastero buddista, non solo ci dispensa consigli di spiritualità quotidiana, ma pretende pure di insegnarci in pratica come si fanno le pulizie. E il bello è che ci riesce benissimo. Perché noi occidentali non è che certe cose non le sapessimo: ce le siamo solo, come dire, un po’ perse per la via. L’ora et labora della regola benedettina, il precetto romano mens sana in corpore sano (vabbè questo c’entra di meno, ma fino a un certo punto), la saggezza popolare per cui solo con una casa pulita e ordinata la nostra vita potrà esserlo altrettanto. Poi però abbiamo separato lo spirito dalla materia, il pensiero dall’azione, l’elucubrazione intellettuale dalla fatica manuale, relegando quest’ultima nello stanzino delle cose inutili e vergognose. Quindi, abbiamo fatto il giro completo, e adesso ci ritroviamo qui, a pendere umilmente dalle labbra di Keisuke Matsumoto. Ben ci sta.

Un po’ reportage da un mondo alieno, un po’ guida per il benessere interiore, un po’ vero e proprio manuale con tanto di trucchi, questo libro. Per esempio quando illustra gli abiti, i sandali e le asciugamani dei bonzi, o il modo migliore per inserire la carta di riso dei fusuma nella loro intelaiatura in legno, o le sei ciotole di grandezza diversa che si mettono una dentro l’altra come le matrioske e costituiscono il necessaire per il pranzo di un monaco itinerante zen: qui siamo nel campo delle curiosità folkloristiche. Quando invece rivela che per lavare qualsiasi cosa non serve nessun prodotto chimico, solo acqua calda e aceto, un po’ stuzzica la voglia di provare (anche se un altro ingrediente sicuro l’ha omesso: olio di gomito). Mentre stabilendo che i pavimenti vanno fatti ogni giorno, siano sporchi o meno, non fa che ripetere un adagio delle nostre nonne (“puliamo sul pulito”, dicevano alcune).

Ma siamo alla famosa unione degli opposti, quando spiega la scritta che si trova all’ingresso dei templi, dove ci si toglie le scarpe (in Giappone questa igienica usanza c’è in tutte le case): si può interpretare come “Guarda dove metti i piedi” oppure come “Conosci te stesso”, anzi in entrambi i modi allo stesso tempo.

Per cui sì, ben venga il monaco buddista a spiegarci la serenità che può derivarci dal lavare per terra, lo zen e l’arte della manutenzione della casetta. A patto che qui da noi sia più a uso degli aspiranti casalinghi, monaci o laici, che delle massaie di ritorno. Che insomma non sia l’ennesimo subdolo modo per costringere le donne a fare quello che hanno sempre dovuto fare da sole: i servizi. Se no, viva l’occidente.

(Articolo uscito oggi sul Mattino di Napoli)


Le stelle ti prendono a maleparole

sabelliEcco, ci siamo: tutti a chiedersi come andrà nel 2013. Chiediamoci piuttosto: vogliamo davvero saperlo? O non preferiamo farci quattro risate per distrarci? Chiaro, immancabilmente in questo periodo arriva in libreria l’annuale Paolo Fox (titolo a sorpresa: Oroscopo 2013, Cairo publishing, euro 15) e non c’è bisogno di alzare gli occhi alle stelle per predire che finirà primo in classifica. Né mancano altre uscite di previsioni tradizionali (Rizzoli pubblica, stesso titolo, il libro di Mauro Perfetti, definendolo in tutta serietà “l’astrologo dei vip”). Ma non è un caso che negli ultimi tempi, in contemporanea con il crescente successo ottenuto dall’astro-star Rob Brezsny, si sia sempre più diffuso l’oroscopo per intellettuali: quello che strizza l’occhio al pubblico colto, dispensandogli saggezza in pillole stile zen, e contrastandone la punta di scetticismo con una citazione di Archiloco. Un campione del genere è Marco Pesatori, che dall’alto di varie testate (D di Repubblica, Vogue, Radio2) e di numerosi libri (Astrologia per intellettuali, per l’appunto, Astrologia delle donne, e quest’ultimo 2013. La rinascita dopo l’apocalisse, Feltrinelli, euro 14) condisce i suoi viaggi zodiacali con divagazioni letterarie, raffinati consigli musicali, riferimenti all’arte.

Ma l’ultimo grido in fatto di transiti e pianeti è l’oroscopo comico. Come quello di Claudio Sabelli Fioretti, giornalista noto per la sua verve: replicando Stelle bastarde dell’anno scorso, la casa editrice di tanti altri rigorosi libri-inchiesta manda in stampa L’oroscopo bastardo 2013 (Chiarelettere, euro 12). In punta di penna, Sabelli ti prende a maleparole, dimostrandoti come tutto il sistema astrale converga nell’evidenziare quanto sei presuntuoso, codardo, insopportabile; salva solo l’Ariete, guarda caso il suo segno (comportamento questo, direbbe un astrologo, tipicamente da Ariete). I capitoli sono organizzati con il metodo delle Faq, cioè un frizzante botta e risposta; ma dietro quest’altra mossa originale, persiste lo schema classico degli oroscopi: si parla cioè delle tre S, Soldi Salute Sesso. Poi si spiegano le affinità di coppia in senso lato (come va il matrimonio tra un Pesci e un Toro? Che fa un impiegato Leone con un capufficio Gemelli?). Infine, come da copione, una carrellata di personaggi famosi. Ed è qui soprattutto che la freschezza del progetto mostra un po’ la corda: perché se da un lato sono simpatici i tormentoni (Sabelli ce l’ha in particolare con Pierre Dukan, quello della dieta, e Carlo Giovanardi, quello di Giovanardi), d’altro canto certe considerazioni oltrepassano la soglia dell’ovvio. Non è necessario ricorrere agli astri per sentenziare che l’astro di Flavio Tosi è in ascesa, o che lo stellone italico non metterà al riparo i cittadini dalla crisi, e così via: che il movimento di Grillo porterà molti dei suoi in parlamento ma sarà a rischio scissione, che Camusso della Cgil non va d’accordo con Squinzi di Confindustria, che l’euro non avrà vita facile ma è destinato a durare, che Renzi è ambizioso. Mentre altrove il pericolo è la fulminea obsolescenza di certi temi e facce che pure hanno saturato le nostre giornate per un anno: il governo tecnico che non ha fatto le riforme, le orecchie di Giarda, l’insistenza su una certa Fornero…

delucaAltro zodiaco brillante è quello di Alessia De Luca (Oroscopo 2013, Dalai, euro 11,90), presentata come “l’astrologa più amata della rete”. Scrive frizzantina come Fioretti, ma con l’accento “sul punto di vista di lei” (il sito che l’ha resa nota è il portale alfemminile.com): oroscopo pop, sia nei riferimenti culturali che vanno dal gossip hollywoodiano all’aneddotica da musica leggera, sia nella sfilata di vip citati a mo’ di esempio per ogni segno. “Il Cancro è un sonetto di Petrarca, un sogno di Nelson Mandela, la luce del Dalai Lama, il Piccolo Principe di Saint Exupéry, le canzoni di Cristina D’Avena, Last Christmas cantata da George Michael”. Embè? Meglio, molto meglio nelle scenette iniziali di ogni capitolo, gustosi bozzetti narrativi in cui a una ragazza innamorata di un solido e impeccabile Toro un’amica può permettersi di dire “insomma se vuoi un brivido con lui devi leccare una presa di corrente!”. La parte previsionale è ridotta al minimo, e s’intuisce commissionata per l’occasione.

Ma se invece volete sapere veramente come andrà a finire, ecco: “Durante l’anno in questione, i granchi cammineranno di fianco, gli sgabelli monteranno sui banchi, gli spiedi sugli alari e i berretti sui cappelli. A molti ciondoleranno i coglioni per carenza di braghe adatte, le pulci saranno nere in grande parte, il lardo fuggirà i piselli in quaresima. Il ventre andrà davanti, il culo siederà per primo. Non si riuscirà a trovare la ciliegina per la torta dell’epifania. I dadi non vi diranno bene manco se li allisciate e, in ogni caso e molto in generale, di rado la sorte coinciderà con le attese”. È la profezia scritta cinque secoli fa, e valida per l’eternità (Predizione pantagruelina per l’anno perpetuo, Edizioni di passaggio, euro 12) dal famoso astrologo francese, il più infallibile di tutti i futurologi mai esistiti: François Rabelais.

(Versione senza tagli dell’articolo uscito oggi sul Mattino di Napoli)


Oroscopo 2013 (parte seconda)

jarrett copE quindi, non è successo niente, vabbè. Se siamo qui a raccontarcela (se siete qui a leggervela, ché io scrivente sto ancora prima del guado, tra color che son sospesi, un prosciutto, via) vuol dire che per l’ennesima volta il mondo è sopravvissuto, e a che prezzo. Ergo, hanno ancora più valore e danno ancor più responsabilità queste due pagine di oroscopo (venghino siòri venghino, per la prima e ultima volta su blouappe) senza pianeti, dove eravamo rimasti, ah sì giusto, a metà.

LUGLIO. A Umbria Jazz il concerto principale è quello di un supergruppo formato da Rihanna alla voce (?), Giovanni Allevi al piano, Keith Richards alla chitarra, Sting al basso e George Harrison alla batteria – ma no, non è veramente lui, è un pupazzo dentro al quale c’è il Pulcino Pio. Per non cadere nello scontato evitano il repertorio jazz e suonano pezzi come Knockin’ on heavens door, Jingle bells, ‘O surdato nnammurato; sempre per evitare banalità, gli arrangiamenti non sono jazz ma ricalcati sugli originali.

Antidoto: KEITH JARRETT, SLEEPER, ECM. Dagli archivi salta fuori questo doppio live in Tokyo del 1979: se mai sono esistiti i supergruppi, la cosa si è verificata solo quando non erano consapevoli di essere tali. Jarrett era già Jarrett, beninteso (la svolta di Colonia è del ’75) ma Garbarek e Danielsson incominciavano ad esserlo proprio con quelle incisioni. Era il quartetto (nord)europeo, gli anni ’70 erano agli sgoccioli ma qui si sente ancora tutto quel meraviglioso coraggio: cavalcate free-prog di mezz’ora, voglia di provare a inventarsi ogni volta qualcosa di diverso, polistrumentismo e attitudine a non prendersi troppo sul serio (ve lo vedete il venerabile Jarrett che suona flautino e percussioni?). La verità, il mondo è finito il 6 gennaio 1980: da allora viviamo tutti all’inferno senza saperlo.

banda odori copAGOSTO. Alla sagra della pastafattammano e salsicciallabbrace – dovunque voi siate, sicuramente ce n’è una – la banda del paese attacca a suonare un repertorio strano. Dopo un bel po’ vi accorgete con orrore che è lo stesso repertorio del supergruppo di cui sopra, solo riarrangiato in chiave jazz. Dopo un altro po’ vi rendete conto con altro orrore che stanno suonando in playback.

Antidoto: ORIO ODORI, LA MIA BANDA, MATERIALI SONORI. La sua banda, cioè Banda Improvvisa…

(Era l’incipit della mia rubrica Caravan, su Blow Up di gennaio. Continua in edicola)

TAPPE SUCCESSIVE

santtana copLUCAS SANTTANA, O DEUS QUE DEVASTA MAS TAMBEM CURA, MAIS UM DISCO

ANDRE’ MEHMARI, VEREDAS, EGEA

VIAGGIO IN DUO, SECONDO NOI, POLOSUD

LOUIS SCLAVIS ATLAS TRIO, SOURCES, ECM

mehmari copViaggio-In-Duo-cop         sclavis cop


La taranta più l’elettricità

fimmiCosa c’è di più movimentato della pizzica salentina? Cosa c’è di più ritmico del dub? Provate a mettere le due cose insieme, e otterrete Fimmene in dub, cd del duo di elettro-creativi che si fa chiamare Insintesi, edito dalla combattiva Anima Mundi di Otranto. Sono mix (e remix) di suoni sintetici e canti antichissimi: le voci protagoniste sono quelle delle “fimmene” del titolo, Enza Pagliara, Anna Cinzia Villani e altre. Il fascino della musica tradizionale e l’ipnosi dell’elettronica moderna, che volete di più? Ottimo per chi è appassionato del genere etnico-popolare, perché presenta una scelta di brani tutt’altro che scontati, e curiosamente arrangiati: un buon trampolino per superare pregiudizi di purismo e aprirsi alle sperimentazioni elettroniche. Ideale per chi, dalla parte opposta, segue la scena reggae-dub, perché propone suoni ammalianti e di gusto fine: una buona scusa per vincere le diffidenze e rivalutare la musica dei nonni (e dei bisnonni). Eccellente, infine, per correre, perché è una botta di adrenalina: pura.

(Articolo uscito sul numero di dicembre del mensile sportivo Correre)