Le rivoluzioni dei pianeti terrestri (e altri appunti di psicogeografia astronomica)

(Questo racconto è stato pubblicato il 3 novembre 2017 dalla rivista online CrapulaClub)

I Pianeti Terrestri vengono detti così non perché siano simili – o in qualche modo debitori – alla Terra, ma perché sono piccoli, caldi e terrosi, a differenza dei freddi Giganti Gassosi.

Il più vicino al Sole, e anche il più piccolo, è Mercurio. Forse è per questo che i suoi moti di rotazione e rivoluzione sono quasi coincidenti: il giorno mercuriale dura circa 56 dei nostri giorni, mentre l’anno ne dura 88. Naturalmente è sbagliato, oltre che immorale, misurare i giorni e gli anni di Mercurio prendendo come unità di misura i nostri. È più corretto dire che l’anno mercuriale dura un giorno e mezzo, approssimativamente. Infatti il bioritmo e la stessa fisiologia – se di fisiologia si può parlare – dei Mercuriani si sono adattati, o meglio si sono plasmati su queste condizioni.

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Dr. George e Mr. Saunders

“Evita solo i toni troppo elogiativi”: così mi hanno risposto dalla redazione di Alfabeta2 quando ho proposto un pezzo sull’ultimo libro – e primo romanzo – di George Saunders, Lincoln nel Bardo. Compito arduo, ho pensato subito. Per motivi soggettivi: Saunders è uno dei miei scrittori di racconti preferiti, e quindi uno dei miei scrittori preferiti tout court. Geniale la sua capacità di costruire mondi in poche pagine, inquietante il suo modo di intendere il fantastico come un mostro dietro l’angolo: non è la nostra realtà, ma potrebbe diventarlo domattina (se fosse un genere, sarebbe definito “fantascienza di prossimità”). Il declino delle guerre civili americanePastoraliaNel paese della persuasione,Dieci dicembre: una raccolta dopo l’altra, Saunders ci ha abituato a standard elevatissimi. E poi i motivi oggettivi: il coraggio di cambiare forma e accettare la sfida del romanzo; l’intenzione però di non rinunciare alla sperimentazione; l’attesa spasmodica per l’uscita del libro, e poi per la sua traduzione in Italia; l’acclamazione di “capolavoro” da parte di Zadie Smith e altri.

Intanto, mentre lo leggevo, iniziavano a uscire i primi pareri discordi: le perplessità e addirittura le stroncature. Ancora più difficile parlarne meno che bene, a questo punto. Ho ritenuto allora di convocare a dibattito Aristide Maselli: ci lega una consuetudine di affetto personale e disaccordo letterario. Che anche stavolta si è confermato. Quella che segue è la trascrizione infedele della nostra chat.

IO: Allora, che ne pensi?

Aristide Maselli: Eh, un attimo. L’ho appena finito, devo ancora digerirlo.

IO: Ma come, abbiamo iniziato a leggerlo più di un mese fa!

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