Karen Russell e il vampiro di Surriento

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Karen Russell, Un vampiro tra i limoni, Elliot edizioni, trad. Veronica Lapeccerella, p. 250, euro 18.50

Ah, i limoni! Le trombe d’oro della solarità, diceva il poeta. Solo che Montale pensava agli agrumi della riviera: ligure. Qui invece siamo in costiera: sorrentina. E scopriamo che i nostri limoni hanno una proprietà poco nota e ancor più, come dire, incisiva: se addentati da un vampiro in crisi d’astinenza riescono, per un po’, a placarne la sete di altri e più umani fluidi. O almeno, questo è quello che capita al protagonista di Un vampiro tra i limoni, storia che apre l’eponima raccolta di Karen Russell. Una scrittrice formidabile: poco più che trentenne e già pubblicata dalle più prestigiose riviste Usa, adorata tanto dai critici schizzinosi della New York review of books che da un autore popolare come Stephen King, inserita in tutte le classifiche dei migliori giovani autori americani, e l’anno scorso quasi-vincitrice del Pulitzer (era fra i tre finalisti e il premio non fu assegnato).

I libri che aveva scritto finora – la raccolta Il collegio di Santa Lucia per giovinette allevate dai lupi e il romanzo Swamplandia! – erano sempre ambientati in Florida: una Florida tropicale e magica dove le piante possono avanzare minacciose come animali e una suora può chiamarsi John, certo, un posto più simile alla contea di Yoknapatawpha inventata da Faulkner o alla Macondo di Marquez; però insomma, trasfigurato finché si vuole, ma pur sempre il suolo natìo. Ecco, allora, qual è la notizia: appena decide di mettere piede fuori dal cortile di casa, Karen Russell si ritrova a Sorrento. Curioso, no? Anche perché lei non appartiene alla folta schiera degli oriundi. Ma evidentemente il suo fiuto di scrittrice ha sentito l’irresistibile attrazione per un luogo che, proprio come la sua Florida, dietro un’apparenza solare può nascondere un fondo inquietante.

È una Sorrento a tinte fosche, quella che vediamo attraverso i suoi occhi: certo ci sono i cliché, i cartelli che invitano a comprare “od dogs” e “trinks”, ma a coprirsi davvero di ridicolo sono i turisti, alla ricerca della foto anche mentre un pipistrello gli s’impiglia nell’abominevole tuppo. Ci sono le caverne di tufo a picco sul mare, dalle quali al tramonto schizzano fuori migliaia di piccoli mammiferi alati, roteando impazziti; e il mare, a proposito, non è lo stereotipo balneare ma una massa indistinta, vista solo da lontano, e pronta a inghiottire i pipistrelli che scendono in picchiata. E infine, ovviamente, ci sono i limoni. Che il vampiro Clyde ormai conosce come un raffinato intenditore, in tutte le loro varietà: primo fiore, bianchetti, verdelli. È uno strano vampiro, che grazie a sua moglie ha superato molti pregiudizi, tipo che è obbligato a dormire in una tomba o che alla luce del sole si squaglierebbe. No, non è vero, ma la sete di sangue ahimé quella c’è tutta, e allora la coppia di vampiri trascorre l’eternità (sono immortali, sapete?) “a caccia di chimere liquide: tè alla menta a Fez, latte di cocco a Oahu, caffè nero come il carbone a Bogotà, latte di sciacallo a Dakar, Coca-Cola alla ciliegia con palline di gelato nell’Alabama rurale”. Fanno tenerezza, questi due succhiasangue riluttanti, che ricordano un po’ gli squali vegetariani di Nemo. Solo qui trovano requie: azzannando avidamente gli asperrimi agrumi sorrentini. Sicché si lasciano un po’ andare: lui si abbronza persino, tanto da non essere distinguibile da un vecchiariello autoctono, e perde quasi la facoltà di librarsi in volo. Ma una crisi di coppia è in agguato, e le forze oscure sono pronte a risvegliarsi…

Karen Russell segue la traccia dei grandi maestri del racconto fantastico – Borges, Cortàzar, Buzzati, e un altro americano contemporaneo, lo scoppiettante inventore di assurdità che risponde al nome di George Saunders – ma riesce a essere innovativa. In questo e negli altri racconti che completano la raccolta – e che dopo una sosta in un Giappone improbabile sono tutti ambientati qua e là negli Stati Uniti – riesce a creare situazioni surreali e contemporaneamente a fare feroce critica sociale, a tirare fuori personaggi assurdi in cui però ci immedesimiamo senza problemi. Il passaggio in costiera ti ha fatto bene, Karen. Torna presto, torna a Surriento.

(Versione integrale dell’articolo uscito oggi sul Mattino di Napoli)



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